Una storia d'amore e morte che vi condurrà al confine tra i mondi

martedì 17 giugno 2014

La reincarnazione in Reborn




Tutto il romanzo ruota intorno a un’idea di reincarnazione di ispirazione neopagana.
La morte coincide con l’inizio di una nuova vita poiché, abbandonato un corpo o un dimensione, la persona torna a vivere in un altro spazio-tempo.
A regolare questo ciclo continuo non vi è però alcun vincolo che rimandi alla condotta morale dell’individuo, in ciò il processo di reincarnazione  a cui si fa riferimento nel romanzo si differenzia da quello di stampo buddista. Se nel buddismo il soggetto può reincarnarsi in un essere superiore o inferiore a seconda di come si è comportato nella vita appena conclusasi e aspirare a una progressiva ascesa, in questo caso si “reincarna” in maniera del tutto casuale. La vita che segue può essere peggiore o migliore della precedente ma la sua qualità non ha alcun legame con le sue precedenti azioni. La logica (o assenza di logica) che regola l’eterno ritorno è completamente estranea a quella dei premi e delle punizioni. Inoltre si tratta di un ciclo che non ha mai fine e che, come tale, non contempla punti di arrivo né possibilità di ascesa.
A sottendere questa visione dell’esistenza vi è poi l’idea della coesistenza di dimensioni parallele che corrispondono all’attuazione di tutti i mondi (leggasi anche percorsi) possibili.
Ogni uomo non vive una sola vita ma infinite vite quante sono le possibilità date in teoria. In sostanza, ogni scelta scartata “qui e ora” è una scelta che si realizza da un’altra parte.
Solitamente, nel passaggio da una vita all’altra i ricordi si perdono, tuttavia esistono delle eccezioni. Iuri è un’anomalia in questo senso.


Nel passo che segue Ogma si fa portavoce di questa filosofia di vita:

[…] Il vostro più grande errore sta nel sottovalutare il Caos. Lascia che te ne dia una dimostrazione.» Ogma reclinò il capo lasciandosi cadere l’occhio finto sul palmo della mano. Lo chiuse in un pugno e vi soffiò dentro come fosse un prestigiatore, poi, sotto lo sguardo stupefatto di Iuri, allentò la stretta e un cilindretto si materializzò nelle sue mani. Sorrise mostrando i denti candidi, quindi porse l’oggetto al suo interlocutore. «Avanti, prendilo! Non è un’arma letale, è solo un caleidoscopio.»
L’altro afferrò il manufatto con sospetto.
«Sai come si usa?»
Iuri annuì.
«Forza allora, guardaci dentro e dimmi cosa vedi.»
Lui obbedì di nuovo. Accostò un occhio all’obiettivo e guardò. «Vedo schegge di vetro colorato.»
«Molto bene, adesso ruotalo e poi dimmi di nuovo cosa vedi.»
Iuri eseguì. «Tre stelle, ciascuna di colore diverso. Una è posta in cima alle altre due a formare una specie di piramide.»
«Un disegno meraviglioso. Non trovi?»
Iuri si allontanò il caleidoscopio dal viso e tornò a guardare Ogma. «Te lo concedo.»
«L’attimo prima c’erano solo pezzetti di vetro. È bastato un colpetto e quei vetri si sono spostati componendo un disegno bellissimo. Se torni a ruotare il cilindro la magia si compirà ancora: i vetrini si sparpaglieranno e poi andranno a comporre una figura nuova, diversa ma non meno sorprendente. Così all’infinito. E ora dimmi, l’artista chi è?»
L’altro fece spallucce e restituì lo strumento.
«A me puoi dirlo» lo incoraggiò Ogma in tono suadente. Soffiò sul caleidoscopio e al suo posto ricomparve l’occhio. «Nessuno» aggiunse sistemandolo nell’orbita vuota. «Per quanto siano meravigliosi, quei disegni nascono dal Caos e sono del tutto casuali. Non c’è nessuno a progettarli né a eseguirli eppure ciò non li rende meno apprezzabili.» Fece una pausa e bevve ancora. «Voi uomini siete schegge di vetro, Iuri. Schegge di vetro lanciate sul piano dell’infinito, mille e mille volte. Ciascuna delle vostre vite è un disegno casuale che si realizza. A volte si tratta di un capolavoro, altre volte no, ma non c’è un progetto e nemmeno un padre amorevole. Non c’è amore lassù e non siete i figli privilegiati di nessuno. Che ti piaccia o no, quelli che reputi piccoli miracoli non sono che coincidenze. Strabilianti. Fottute. Coincidenze.»




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